Nella trasformazione sociale in atto in Basilicata, Matera Capitale 2019 presenta solo il punto più alto di un piano di “rivalorizzazione” (termine dietro il quale si cela un’opera di gentrificazione) del territorio lucano. Infatti mentre dall’alto si tracciano le linee geografiche con le quali suddividere le zone che saranno dedicate alla produzione e stoccaggio del petrolio, altre diventano posti per il consumo e il turismo, sponsorizzati attraverso grandi eventi come quelli della Rai. Riguardo quest’ultimi la stessa Regione ha stretto un patto nel luglio del 2016 a Maratea con la rete televisiva nazionale per gli anni 2015-2019. Se la prima città ad essere interessata fu Potenza, quest’anno la farsa prenderà piede a Venosa. Ciò che comportano tali eventi sono solo una massiccia militarizzazione del territorio (surreale per piccoli luoghi dove si svolgono), applicazione di norme anti-degrado e pacificazione sociale. Tra i conduttori di questo triste spettacolo, troviamo anche Papaleo, saltimbanco del potere e testimonial dell’Eni, ciò a testimonianza della convergenza di interessi tra le multinazionali del petrolio e la Rai. Parlare di quale funzione svolga il macchinario dello Spettacolo in Basilicata, è necessario per fare un’analisi più approfondita delle diverse istituzioni a cui fa gola il territorio che attraversiamo e viviamo. Questi eventi diventano occasioni per la sperimentazione di misure repressive che saranno applicate durante le giornate del 2019 nella città dei sassi. Tale evento sta già portando i propri frutti marci. Mentre le testate giornalistiche locali sono occupate a fare il conto dei turisti che hanno attraversato la città, dall’altro lato questi portano miseria per chi quei posti li vive, infatti il centro storico sta subendo una forte variazione nella sua componente umana. La gentrificazione avanza, cibandosi di vissuti, esperienze ecc. lasciando dietro di sé soltanto quartieri fatti su misura per i turisti con il portafogli gonfi, masse pronte a consumare il territorio per poi lasciarlo a festa finita, nella propria aridità di sempre. La grande beffa s’impreziosirà di un lessico rivoluzionario riadattato ad hoc e svuotato del proprio significato. D’altronde come si è già visto durante altri grandi eventi, il Capitale parte con la propria ristrutturazione attraverso un processo di appropriazione e mutazione di linguaggi, svuotandoli dei propri significati. Durante la presentazione dell’evento avvenuta agli inizi di quest’anno, con l’evento “Meno Uno” con il quale si dà il via al conto alla rovescia, si è sottolineato come questo non sia altro che “una grande operazione dal basso” (riprendendo le parole degli organizzatori). Infatti nonostante essa rappresenti un evento fatto di spoliazione e depauperizzazione del territorio, la pacificazione sociale la si crea attraverso processi collettivi di partecipazione, dove a prendervi parte saranno le stesse persone che subiscono le trasformazioni sociali in atto. Il programma poi, è un vero pugno nell’occhio e una presa per il culo per chi da anni convive con la devastazione ambientale, povertà, miseria, difficoltà nel sopravvivere e una cultura identitaria e filo-fascista utilizzata come richiamo all’unità e al riscatto territoriale. Per essere più chiari, citiamo alcuni degli eventi che “arricchiranno” questa stronzata:
“Teatro eco-logico e sostenibile”, perfomance sull’ambiente e i miti.
“Architetture della Vergogna”, dove il binomio architettura e vergogna saranno i protagonisti centrali di un dibattito sull’edificazione.
“Storylines – The Lucanian Ways” , serie di documentari permanenti sul tema dell’emigrazione
“Mamma mia!”, il quale sottolineerà il ruolo centrale delle donne attraverso … la cucina
ecc.
Insomma greenwashing, pinkwashing e una banale filantropia saranno i fili conduttori dell’attesissima “sagra paesana “ internazionale. Il Capitale crea i propri immaginari, ora sta a noi crearne di nostri e riuscire a sovvertire il loro macchinario iniziando a guardarci attorno, e creare situazioni e spazi conflittuali, risposte concrete alle dinamiche che subiamo quotidianamente riappropriandoci delle nostre vite.