13.05.16 La solidarietà è un’arma, la solidarietà è una prassi: al fianco dei lavoratori di Boreano!

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Ieri 12 maggio, a seguito dell’assemblea tenutosi a Venosa qualche giorno prima, sotto i cancelli della Regione si è svolta una protesta dei lavoratori stagionali dell’Alto Bradano, che ha posto in evidenza le contraddizioni di un’entità che impoverisce e degrada l’esistenza di lavoratori/trici migranti e non. Infatti essi si ritrovano da qualche anno a questa parte a (soprav)vivere in condizioni disumane, mentre vengono sfruttati per la campagna della raccolta del pomodoro ritrovandosi vittime del fenomeno del caporalato. Così hanno portato la loro voce sotto la stessa istituzione alla quale da anni ribadiscono le proprie richieste per il rinnovo del permesso di soggiorno e un miglioramento delle proprie condizioni lavorative e abitative, sovrastando quel discorso eurocentrico e umanitario-caritatevole che li vorrebbe soggetti passivi o marginalizza le proprie esistenze. Infatti ultimamente tra l’innalzamento di barriere, la costruzione di luoghi d’internamento, i rimpatri forzati, la ricostituzione di frontiere, assistiamo all’evoluzione delle forme repressive europee adottate per controllare i flussi migratori, aprendo le porte quando si necessita di nuova forza lavoro a basso costo, ma internandoli in lager (CIE, CARA, hotspot ecc.) quando divengono soggetti indesiderati, così da attuare il controllo sulle proprie vite e seguire un processo di deumanizzazione e di governo dei corpi atto a reprimere ogni richiesta e/o rivolta individuale e collettiva per ottenere indietro la gestione della propria esistenza. La nostra presenza al loro fianco esprime tutta la nostra solidarietà, complicità e il desiderio di costruire percorsi di lotta comuni atti a riappropriarci delle nostre vite, sbarazzandoci di quella sovrastruttura che ci impone un modo di vivere degradante ed alienante, non corrispondente ai nostri bisogni e desideri. I nostri sogni possono essere più forti di quelle barriere fittizie e reali che vorrebbero dividerci e portarci ad una guerra fratricida: costretti a condividere un’esistenza simile dettata dalla precarietà e dallo sfruttamento (tesa ad ingrassare i padroni), figli della medesima classe subalterna, è nostro compito stringere legami e intrecciare relazioni egualitarie che possano aprire la strada ad una condivisione di saperi ed esperienze, incamminandoci sullo stesso sentiero e abbattendo qualunque confine e privilegio marciando a ritmo dei nostri cuori ardenti.