“L’ignoto ci attende,eppure io sento che quell’ignoto è una totalizzazione e sarà la vera umanizzazione cui aspiriamo. Parlo della morte? No, della vita.”
– Clarice Lispector –
L’occhio del Grande Fratello si posa nuovamente sul territorio lucano, ma stavolta non per dare spazio ad una mercificazione del territorio ove lo Spettacolo sradica la memoria storica e il vissuto della civiltà contadina, espropriando la popolazione del suo passato come nel caso di Matera 2019, bensì per un’inchiesta partita da Potenza, attinente all’ormai famigerato Centro Oli Tempa Rossa di Corleto Perticara; inchiesta che ha coinvolto anche l’ex Ministro dell’Ambiente Guidi e il Capo di Stato maggiore della Marina, scuotendo i diversi apparati locali e nazionali. Nulla di cui sorprenderci insomma, eppure i partiti d’opposizione sia qui che a Roma continuano a marciarvi sopra, strumentalizzando per l’ennesima volta la morte (quella dei/lle lucan*,s’intende), sfregandosi le mani per accaparrarsi il potere. Nel mentre il Capitale attraverso l’operazione del landgrabbing colonizza spazi imponendo un certo modo di vivere, abitare e relazionarsi sia a comunità umane che animali, le quali si ritrovano a subire per prime le conseguenze dell’industrializzazione petrolifera della regione. Il potere infrastrutturale desertifica ambienti e si fa spazio nel bel mezzo della natura, ove la distruzione e il saccheggio proseguono quasi indisturbati, abbattendo alberi per lasciar spazio a trivelle o inceneritori. L’anno scorso una rabbia generale si riversò per le strade e le piazze, cercando di opporsi alle operazioni predatorie imposte nei nostri territori, ma il tutto è stato soffocato da coloro che tra l’aprire le braccia alle istituzioni,lo spingere per ricorsi al TAR prima e per il referendum poi, ha ingabbiato la lotta in un percorso istituzionale che va a sopprimere qualsiasi tentativo di reale cambiamento. In un momento del genere però, tutte le contraddizioni della sovrastruttura statale appaiono evidenti e ciò diviene un’occasione per ripensare i percorsi di lotta da intraprendere, per discutere e confrontarsi affinché si possa produrre un cambiamento concreto dell’esistente e non richiedere solo piccoli isole di fittizia libertà all’interno di un sistema capitalista. Lo scontro da mettere in atto, non si svolge in ambito istituzionale, bensì è una lotta che va al di là di certi spazi burocratici: è l’opporsi ad una politica di morte, in favore della vita, riscoprendola nella sua radicalità. Quindi ciò a cui ambiamo non è il riconoscimento di nostri ipotetici diritti (che poi divengono fattori escludenti di altri soggetti non-umani), o un rafforzamento del potere regionale o la sua concessione nelle mani del popolo per una democrazia dal basso; rifiutiamo qualsiasi tipo di Potere, qualunque forma esso assuma. Crediamo che tale lotta debba abbracciare una critica all’intero sistema capitalista, causa ed effetto dei rapporti gerarchici instauratosi tra la “Civiltà” e la Natura che fa sì che tali strutture di dominio si riproducano anche all’interno della società, ove per perseguire un interesse si spoglia un popolo della propria autodeterminazione, dell’opportunità di realizzarsi, di vivere invece di sopravvivere e di avere la possibilità di perseguire i propri bisogni e desideri. Perciò guardiamo con entusiasmo a tutte quelle lotte che sabotano e combattono i meccanismi che reggono il Capitale, per cercare di costruire una geografia sovversiva di spazi e comunità libertarie che creino qui ed ora altri mondi e un vissuto radicale che vada oltre ogni tipo di discriminazione: sessuale, razziale o specista che sia. La nostra è un’unica lotta tesa alla liberazione di tutt*, combattiamo il Capitale con ogni mezzo, diamo alla lotta le forme che più desideriamo, sperimentiamo altri modi di vivere i nostri spazi e le nostre esistenze.
L’istinto brigante arde ancora nei nostri cuori. Per la Liberazione della Terra, degli umani e degli animali!