U’ scettabagn n.0

“Il presente opuscolo è una raccolta di alcuni testi scritti sotto il nome collettivo di “Individualità anarchiche lucane” tra il 2016 e il 2017. Essi nella loro brevità, rappresentano stralci di critica per riuscire a scandagliare l’esistente e far breccia in esso, con la speranza che possa esser veicolo per forgiare nuovi legami e iniziare a cospirare insieme.”

U-scettabagn-n.0 

Che bruci il fantoccio, Carnevale è terminato!

Riceviamo e pubblichiamo:

E’la storia di un paese che mentre precipita sempre più a fondo continua a ripetersi: fino a qui tutto bene! Va tutto bene: parlare di populismo, lanciare slogan da un lato all’altro dei marciapiedi, leggere ogni giorno notizie fuorvianti sulle percezioni psicologiche di divari economici e ipotetiche negritudini pronte a stemperare il pallido bianco caucasico che, va bene, solo fino a quando l’arrivo di agosto non necessiti di una perfetta abbronzatura color cappuccino. E mentre quasi giocosamente si inizia a capire che l’impatto è sempre più vicino, una sorta di scudo protettivo che allontana le paure si impossessa dei più semplicisti della politica. E’ colpa di questo o quel partito, di queste o quelle dichiarazioni, delle decisioni prese fuori porta – non nelle gite di ferragosto, quelle finite bene – ma nelle stanze sudicie che abortiscono il feto democratico. Ieri sul palcoscenico della “Milano dell’accoglienza” è andato in scena l’ennesimo spettacolo del materasso gonfiabile che, sempre più alla deriva, cerca di contrastare le povere e fasulle menti intrise di razzismo a suon di canzoncine e balletti interraziali. E così, mentre l’umanità sfila sotto i colori di un arcobaleno che non c’è, gli squallidi personaggi dell’Europa che alza la voce si stringono le mani, passeggiano nei corridoi come due adolescenti innamorati, si leccano pubblicamente il putrido culo e scambiano informazioni su come si fa a difendere la razza, su come si chiudono con la più brutale forza fisica ed evidente, delle linee di confine che nemmeno esistono. In nome della democrazia, si sorride e si canta che “i fascisti non li vogliamo”, che “siamo tutti clandestini” e chi più ne ha più ne metta…perché in fondo la democrazia è una cosa bellissima da pensare, essere tutti uguali, capaci di decidere e al contempo  delegare, perché fare subito in autonomia quello che qualcun altro può promettere di fare domani?…e si brancola così in un buio annacquato dalle lucine del cambiamento, non si sa in che direzione, per il democratico dipendente l’importante è seguire i bagliori lanciati come ossi in una gabbia di porci affamati! Non importa se i nuovi nazisti imperversano nelle strade, sulle spiagge, nei quartieri popolari e sulle passerelle mediatiche. Non importa se dei balordi si divertono ad inseguire, insultare, sparare, altri modi di essere umano solo perché in questo modo riescono ad emergere nella loro patetica e disagiata porzione di esistenza intessuta di ignoranza più becera…In Italia si canta e si balla, in un carnevale che sembra non finire più, in una sovversione giocosa dell’ordinario che non corre mai il rischio di spezzare le catene legislative, perché oh, qui siamo democratici e sia mai auspicabile che questo modo di vivere sia messo in pericolo! Se non ci si può aspettare diversamente da spugnette e pompieri del sociale, è invece triste constatare che le orde ribelli e sognanti non riescono più a ribaltare le dinamiche di potere anche solo all’interno di una piazza: prendere il presente e sospenderne lo scorrere inesorabile del tempo dovrebbe tornare ad essere la pratica quotidiana di chi costruisce mondi e ne sogna altrettanti, non più chiusi tra le quattro comode mura di un centro sociale (ahimè sempre più spesso addirittura concesso in cambio di pacificazione) ma incazzati neri e contro vento, a testa bassa, in un unico battito cardiaco. Non basta più muoversi come topi avanzando complotti notturni e passeggiate ribelli, occorre imperversare violentemente nelle strade, nelle piazze, tra gli interstizi di un castello di sabbia che bisogna sciogliere senza se e senza ma. Non abbiamo bisogno di governi, di stati, di fottuti confini e di luridi bastardi che ci consigliano distrattamente su come comportarci per trovare spazio in questo gigantesco macchinario dell’ipocrisia. Non abbiamo bisogno di onesti cittadini a guidarci verso un roseo futuro fatto di contratti a tempo indeterminato o di voucher (la schiavitù non fa prigionieri o distinzioni, uccide!)… Abbiamo bisogno solo di noi stessi per creare spazi e viverci pienamente, del nostro pensiero e delle pratiche meticce e libertarie, perché nostra patria è il mondo intero e ai pupazzetti democratico-nazisti dovremmo dargli fuoco prima che sia troppo tardi, senza mai perdere l’amore!

Che l’autunno sia infernale e l’inverno più rovente!”

Matera 2019, la grande sagra della gentrificazione

Nella trasformazione sociale in atto in Basilicata, Matera Capitale 2019 presenta solo il punto più alto di un piano di “rivalorizzazione” (termine dietro il quale si cela un’opera di gentrificazione) del territorio lucano. Infatti mentre dall’alto si tracciano le linee geografiche con le quali suddividere le zone che saranno dedicate alla produzione e stoccaggio del petrolio, altre diventano posti per il consumo e il turismo, sponsorizzati attraverso grandi eventi come quelli della Rai. Riguardo quest’ultimi la stessa Regione ha stretto un patto nel luglio del 2016 a Maratea con la rete televisiva nazionale per gli anni 2015-2019. Se la prima città ad essere interessata fu Potenza, quest’anno la farsa prenderà piede a Venosa. Ciò che comportano tali eventi sono solo una massiccia militarizzazione del territorio (surreale per piccoli luoghi dove si svolgono), applicazione di norme anti-degrado e pacificazione sociale. Tra i conduttori di questo triste spettacolo, troviamo anche Papaleo, saltimbanco del potere e testimonial dell’Eni, ciò a testimonianza della convergenza di interessi tra le multinazionali del petrolio e la Rai. Parlare di quale funzione svolga il macchinario dello Spettacolo in Basilicata, è necessario per fare un’analisi più approfondita delle diverse istituzioni a cui fa gola il territorio che attraversiamo e viviamo. Questi eventi diventano occasioni per la sperimentazione di misure repressive che saranno applicate durante le giornate del 2019 nella città dei sassi. Tale evento sta già portando i propri frutti marci. Mentre le testate giornalistiche locali sono occupate a fare il conto dei turisti che hanno attraversato la città, dall’altro lato questi portano miseria per chi quei posti li vive, infatti il centro storico sta subendo una forte variazione nella sua componente umana. La gentrificazione avanza, cibandosi di vissuti, esperienze ecc. lasciando dietro di sé soltanto quartieri fatti su misura per i turisti con il portafogli gonfi, masse pronte a consumare il territorio per poi lasciarlo a festa finita, nella propria aridità di sempre. La grande beffa s’impreziosirà di un lessico rivoluzionario riadattato ad hoc e svuotato del proprio significato. D’altronde come si è già visto durante altri grandi eventi, il Capitale parte con la propria ristrutturazione attraverso un processo di appropriazione e mutazione di linguaggi, svuotandoli dei propri significati. Durante la presentazione dell’evento avvenuta agli inizi di quest’anno, con l’evento “Meno Uno” con il quale si dà il via al conto alla rovescia, si è sottolineato come questo non sia altro che “una grande operazione dal basso” (riprendendo le parole degli organizzatori). Infatti nonostante essa rappresenti un evento fatto di spoliazione e depauperizzazione del territorio, la pacificazione sociale la si crea attraverso processi collettivi di partecipazione, dove a prendervi parte saranno le stesse persone che subiscono le trasformazioni sociali in atto. Il programma poi, è un vero pugno nell’occhio e una presa per il culo per chi da anni convive con la devastazione ambientale, povertà, miseria, difficoltà nel sopravvivere e una cultura identitaria e filo-fascista utilizzata come richiamo all’unità e al riscatto territoriale. Per essere più chiari, citiamo alcuni degli eventi che “arricchiranno” questa stronzata:

“Teatro eco-logico e sostenibile”, perfomance sull’ambiente e i miti.

“Architetture della Vergogna”, dove il binomio architettura e vergogna saranno i protagonisti centrali di un dibattito sull’edificazione.

“Storylines – The Lucanian Ways” , serie di documentari permanenti sul tema dell’emigrazione

“Mamma mia!”, il quale sottolineerà il ruolo centrale delle donne attraverso … la cucina

ecc.

Insomma greenwashing, pinkwashing e una banale filantropia saranno i fili conduttori dell’attesissima “sagra paesana “ internazionale. Il Capitale crea i propri immaginari, ora sta a noi crearne di nostri e riuscire a sovvertire il loro macchinario iniziando a guardarci attorno, e creare situazioni e spazi conflittuali, risposte concrete alle dinamiche che subiamo quotidianamente riappropriandoci delle nostre vite.